La creatività è la capacità di prendere spunto dalla fantasia per realizzare qualcosa di nuovo nella realtà. Alla luce di quanto abbiamo detto prima, la fantasia e la creatività sono due aspetti del pensiero estremamente complessi.
La fantasia non ha limiti di tempo di spazio, di convenzioni, non ha freni inibitori, non è soggetta a censure nei momenti oscuri della vita sociale. Basta chiudere gli occhi e "con la fantasia" siamo in grado di viaggiare nel tempo e nello spazio, di inventarci situazioni piacevolissime o di prefigurarci momenti terrificanti; nello spazio di qualche frazione di secondo con la nostra mente, con le nostre capacità fantastiche siamo capaci di diventare re o regine dell'universo, di atterrare sulla luna.
La fantasia è una capacità fondamentale che in misura variabile è presente in ogni essere umano, ed è viva soprattutto durante l’infanzia. I bambini sono in grado di organizzare giochi con materiali poveri ed intrattenersi per ore giocando al “fare finta di “, oppure in brevissimo tempo, possono elaborare collegamenti fantastici tra fatti apparentemente scollegati e diversi tra loro.
Verso gli otto mesi, il bambino oltre ad affinare i movimenti fini e grossolani impara a fare uso dell’immaginazione. Il piccolo impara che gli oggetti possono anche esistere nella sua mente, e che non scompaiano solo perché non sono visibili (permanenza dell’oggetto). Il bimbo capisce che anche le persone possono trovarsi altrove senza scomparire. Perciò, il piccolo protesterà quando la sua mamma andrà via, ma si tranquillizzerà più in fretta perché può immaginarla e sa che tornerà.
Dai 18 mesi in poi, il bimbo non usa più gli oggetti solo per sperimentare , ma crea situazioni nuove, mettendo in scena i suoi vissuti e i suoi sentimenti. Fanno la loro comparsa i giochi di finzione, dove una scatola del dentifricio diventa un treno, oppure un coperchio diventa un volante da corsa.
La creatività è distribuita in misura molto minore della fantasia, poiché oltre ad una buona capacità intellettive richiede una notevole abilità organizzativa. Infatti, la creatività è la capacità di ogni essere umano di realizzare concretamente le sue fantasie, utilizzando ovviamente la tecnologia del suo tempo.
Guilford sostiene che la creatività deriva da tre forme di pensiero : fluido, flessibile e originale. La fluidità di pensiero è definita come la capacità di fornire ad una domanda o ad un problema più risposte o soluzioni, prese nello stesso ambito. La flessibilità di pensiero è la capacità di fornire risposte prese in ambiti diversi. L’originalità viene considerata la capacità di dare risposte uniche e rare.
Per esemplificare questo concetto , alla domanda “ Dimmi quali cose conosci di colore verde?” :
- chi risponde :“ Erba, alloro, zucchine, verse, fagiolini, alberi” evidenzia un pensiero molto fluido (molte risposte) ma poco flessibile (tutte le risposte sono riferite ad uno stesso ambito : la flora);
- chi afferma : “ Lo smeraldo , il pesto alla genovese, la divisa militare” possiede meno fluidità di pensiero rispetto al soggetto precedente (meno risposte), ma ha una flessibilità di pensiero maggiore (tutte le risposte derivano da ambiti diversi) ;
- chi decide di rispondere “Una delle strisce orizzontali della bandiera lituana” dà probabilmente una risposta originale (a meno che non sia originario della lituania stessa!);
- chi dice” Il colore della mia auto,la camicia di mio padre) fornisce una risposta nulla ,perché i dati forniti derivano dalla sua esperienza personale e non da categorie conosciute e condivise da tutti.
Essere creativi è diverso dall’essere eccentrici. Una persona creativa può essere eccentrica oppure no.
In ambito scolastico, gli insegnanti che chiedono agli studenti di essere creativi, di pensare con la propria testa commettono un grave errore. La creatività non può essere interpellata a comando! Gli alunni dovrebbero essere liberi di sperimentare le loro intuizioni, le loro ipotesi per capire se sono valide oppure no. Permettere ad un bambino o un adolescente di vivere la sua creatività significa superare il metodo della lezione frontale, e passare a sperimentare concretamente e realizzare i progetti che vengono proposti dagli studenti.
Il pensiero creativo è collegato all’immaginazione che sollecitata ne rinforza lo sviluppo . Occasioni di immaginazione che stimolano l’evoluzione della creatività si ritrovano: nell’ascolto e produzione di musica, nella realizzazione di attività manipolative, grafiche e pittoriche, nella lettura.
La parola "creare" è parola intrigante, presuppone l’atto della creazione, l’atto di modificare un materiale per farlo diventare altro, arrivando addirittura a creare dal nulla. Guglielmo Marconi è stato un creativo di prim’ordine perché è riuscito a costruire con le sue mani un marchingegno che potesse servire a due persone per parlarsi a distanza senza l’ausilio di fili. Con la fantasia è facilissimo parlare con la nuova Zelanda, senza creatività concretizzare un fatto del genere è assolutamente impossibile. Infatti è soltanto con la creatività che è possibile costruire un accrocco che permetta a chiunque di parlare "effettivamente" con la nuova Zelanda .
Ci sono fior di fisici, fior di matematici, fior di chimici che con la loro creatività hanno permesso di rendere fattibili o evidenti fenomeni che prima erano appannaggio esclusivo della fantasia degli uomini. Da quanto tempo l’uomo ha fantasticato di volare? Un bel giorno, Leonardo ha cominciato a ragionarci su progettando con la sua fantastica creatività macchine volanti, che sono rimaste tali esclusivamente sulla carta, fino a quando i fratelli Wright con la loro straordinaria creatività sono riusciti a far stare per aria, per qualche secondo, un oggetto più pesante dell’aria stessa.
Ma che cosa c’entra questo tipo di creatività con quella che noi stiamo cercando di individuare in quel particolarissimo fenomeno che è l’arte? Consideriamo l’arte come un fenomeno molto particolare, o, meglio come una sommatoria di fenomeni/accadimenti che si dipanano nel tempo e nello spazio, spesso in maniera contraddittoria. Dare qui immediatamente una definizione della parola "arte" forse sarebbe da presuntuosi, proverò quindi a parlarne con estrema leggerezza, ben sapendo che il fenomeno è già sotto l’attenzione degli uomini da secoli e secoli di analisi complesse e complicate (ricordate?).
Consideriamo a che punto del ragionamento noi siamo giunti. Abbiamo detto che la fantasia è comune a tutti mentre la creatività è una caratteristica molto meno comune. Chi è creativo, per dare concretezza ai suoi progetti, ovviamente utilizza degli "strumenti" per concretizzare le sue intuizioni fantastiche.
Per esempio c’è il cuoco che utilizza i suoi strumenti per esprimersi al meglio nel suo campo. Ma forse sarebbe meglio dire che il cuoco usa i suoi strumenti per comunicare al meglio agli altri la sua sapienza creativa. Questo in senso generale, perché, oltre che comunicare la sua capacità di produrre, il cuoco comunica anche delle emozioni fisiche concernenti il gusto del gustare vero e proprio. Un bravo cuoco è dunque da considerarsi un artista? Un artista come un bravo scultore o un bravo pittore o un bravo musicista? Qui la faccenda comincia a diventare complessa (ricordate?) nel senso che immediatamente notiamo che le parole "arte" e "artista" diventano troppo generiche, possono adattarsi a una molteplicità di attività umane e perdono molto della propria originale connotazione. Qualcuno tanto tempo fa, nel 1700, scrisse che il fin dell’arte è la meraviglia. Parrebbe che ancora all’oggi questa definizione sia ancora buona. Ma che tipo di meraviglia?
Per rimettere un po’ d’ordine in queste note così confuse, mettiamo in gioco una parola nuova: "coinvolgimento". Tutti conosciamo il suo significato; affermiamo qui che una delle caratteristiche della creatività è il coinvolgimento. Il coinvolgimento può oscillare da un coinvolgimento di tipo soltanto fisico fino ad un coinvolgimento di tipo soltanto spirituale. Fra questi due posizioni, come si può immaginare, c’è un’infinita serie di coinvolgimenti.
Ma per continuare a rimettere un po’ d’ordine in queste note così confuse, mettiamo in gioco ancora un’altra parola nuova: "strumento". Lo strumento può essere il coltello da cucina (per il cuoco), il pianoforte (per il musicista), il pennello (per pittore), il PC (per l’artista multimediale). Non sarebbe meglio chiamare lo strumento "mezzo"? Forse sì, perché questa definizione ci permette di pensare che fra il creativo e la sua opera c’è di mezzo un mezzo. Scusate l’involontario gioco di parole. Fra il fruitore e l’opera di un creativo c’è, comunque, sempre in mezzo l’esistenza dello strumento del creativo e tutta una serie di informazioni sullo strumento medesimo da parte del fruitore; in più dobbiamo tener presente l’eventuale coinvolgimento che lo strumento di per sé esercita sia sul creativo stesso sia sul fruitore.
Come si può vedere, utilizzando un tipo di meccanismo di analisi consistente nell’aggiungere via via parole che aumentano sempre di più la comprensione del fenomeno che stiamo analizzando, ci accorgiamo di star costruendo una analisi sempre più complessa. Stiamo cioè organizzando un sistema aperto.
A questo punto proviamo a fare un piccolo passo indietro. Forse la nostra salvezza, nel senso della comprensione del fenomeno che stiamo analizzando, è riposta nel termine "coinvolgimento", che abbiamo inaugurato qualche periodo fa.
Più siamo "emotivamente" coinvolti nella fruizione di un’opera frutto di una mente creativa, più quest’opera la possiamo considerare caratterizzata da un certo tipo di artisticità. Senza accorgermene ho introdotto una nuova parola: "emotivamente". Siamo dunque in presenza di un coinvolgimento emotivo.
Riproponendo il tutto con tutte le nuove parole diremo dunque che un’opera creativa che dia un minimo di coinvolgimento puramente emotivo è da ascriversi al fenomeno che comunemente viene definito "arte".
Manca all’appello un ultimo (si fa per dire) modo dire. Stiamo parlando del "dejà vu", del "già visto". Categoria questa, di grande importanza nella conoscenza e nella critica di un fenomeno artistico. Riscriviamo dunque il tutto: un’opera creativa che dia un minimo di coinvolgimento puramente emotivo, e che possa avere la caratteristica di essere stata messa in circolazione per la prima volta, è, quasi certamente, da ascriversi al fenomeno che comunemente viene definito "arte".
Quanto scritto finora è soltanto un punto di partenza.
D: Prof. De Masi, se volessimo dare una definizione di creatività quale potrebbe essere?
R.: Il concetto di creatività è stato molto esplorato da un po' tutte le discipline. Psicanalisti, neurologi, psicologi, sociologi, storici hanno analizzato la creatività ognuno dal proprio angolo di visuale, dandone la propria definizione. Quella che più mi ha soddisfatto è quella di Arieti, per il quale la creatività è una continua battaglia tra il livello inconscio, che fa emergere materiali impossibili, e il livello conscio, che seleziona questi materiali e ad alcuni consente di concretizzarsi. Il livello inconscio riesce a elaborare idee atipiche; il livello coscio, se è particolarmente aperto, non censura queste idee ma le traduce in quadri, poesie, idee scientifiche. Dopo lunghi ragionamenti ho aggiunto a questa dimensione un'altra dimensione. Al livello verticale che va dall'inconscio al conscio ho aggiunto un asse orizzontale che va dalla dimensione emotiva alla dimensione razionale. Da un lato troviamo emozioni, atteggiamenti, opinioni, sentimenti. Dall'altro conoscenze e abilità razionali. In questa tabella a doppia entrata emergono fantasia e concretezza. I due assi creano quattro aree, di cui ne analizzeremo solo due. Un'area è quella costituita dall'intersezione tra sfera emotiva e livello inconscio. Questa è l'area della fantasia che produce molti materiali, però senza nessun auto-limite, e quindi spesso anche materiali inutili. L'altra area importantissima è l'opposta che nasce dall'intersezione tra il livello cosciente e la sfera razionale: l'area della concretezza. E a mio avviso la creatività è sintesi di fantasia e concretezza
Esistono persone che hanno entrambe queste capacità: fantasia e concretezza. Il possesso altissimo di queste due capacità fa sì che riteniamo questi individui dei geni e un po' mostri, perché ci è chiaro che ognuno di noi è più portato ad essere soprattutto fantasioso con poca concretezza o soprattutto concreto con poca fantasia. Solo pochissimi riescono a essere molto fantasiosi e molto concreti. Pensiamo per esempio a un Michelangelo che idea e realizza la Cupola di S.Pietro.
Tale schematizzazione inoltre non spiega solo la creatività dei singoli, ma anche quella dei gruppi. Nel frequentare gruppi creativi anche di altissimo livello mi sono reso conto spesso che i singoli membri presi isolatamente non avevano nulla di eccezionale. E mi sono chiesto come mai tutte queste persone medie messe insieme formavano un gruppo creativo: ho capito che alcuni di loro erano molto fantasiosi, ma poco concreti e altri erano molto concreti e poco fantasiosi. Messi insieme in certe situazioni e in assenza di certi blocchi, barriere, ostacoli, questi gruppi magari inconsapevolmente ben composti davano luogo a una forte creatività.
D.: Le grandi aziende sono creative?
R.: Non conosco aziende creative, ma grandi aziende all'interno delle quali ci sono sotto-gruppi creativi, spesso avversati dalle aziende stesse. Quindi non si può dire che le grandi aziende determino creatività, piuttosto la ostacolano. Se è vero quello che si dice che i sistemi sono più della somma delle parti, è anche vero che spesso i gruppi non sono dei sistemi, ma degli aggregati. Spesso le persone messe insieme sono più della somma delle parti, danno molto di più di quanto ci si aspetterebbe. Ma è anche vero che ci sono gruppi che danno molto meno di quanto ci si aspetterebbe. E in azienda accade di solito questo. Infatti ci sono aziende e uffici con persone anche molto intelligenti, che stanno lì tutto il giorno, bighellonano, fanno riunioni, soggetti a una ritualità che li opprime psicologicamente: devono timbrare il badge, sono controllati da un usciere quando escono e devono farsi vedere dal capo come persone particolarmente solerti. È tutta una ritualità che blocca la creatività. Jay Galbraith, un consulente molto corteggiato dalle aziende americane, ha scritto sull'Harward Business Review che le grandi aziende americane sono ormai a corto di idee.
Secondo Galbraith non sono state le imprese produttrici di macchine per scrivere meccaniche a inventare quelle elettriche e non sono state le imprese produttrici di valvole a inventare i transistor. Da dove prendono le aziende quindi idee e invenzioni? Le prendono da sistemi molto più poveri, come per esempio le università, che però, grazie all'anarchia che vi regna, riescono, a far lavorare insieme dei concreti e dei fantasiosi, senza bloccarli e controllarli e ottenendo ottimi risultati.
D.: Ma è l'assenza di regole che alimenta la creatività?
R.: No, non è l'assenza di regole che alimenta la creatività, ma è l'eccesso di regole che la inibisce. Ogni creativo se non ha delle regole se le dà. Ho letto contratti del '500 e del '600 tra committenti e artisti in cui c'erano delle regole estremamente minuziose. Il creativo ama i vincoli perché si diverte a superarli. Quello che invece il creativo non tollera, anche inconsciamente, è l'inibizione dovuta alla burocrazia, al dover rendere conto continuamente di quello che fa, all'essere controllato durante il processo e non a prodotto finito.
D.: Se si dovesse organizzare un gruppo creativo quali condizioni bisognerebbe creare e quali invece evitare?
R.: Va determinato bene l'obiettivo che si deve raggiungere e in funzione di questo obiettivo va organizzato il gruppo. In relazione a tale obiettivo e al settore in cui si opera, vanno scelte persone fortemente fantasiose e altre fortemente concrete. E poi è necessario farle lavorare insieme con grande entusiasmo, perché i creativi creano solo in situazione di entusiasmo. L'entusiasmo è determinato da tante cose. Per esempio dalla sfida di altri gruppi analoghi che lavorano sullo stesso progetto. Comunque l'entusiasmo varia di volta in volta e solo una leadership visionaria può alimentarlo. La presenza di una leadership visionaria è fondamentale in un gruppo creativo. Occorre un leader che faccia capire con le parole e con il comportamento di essere convinto che si possono superare i limiti in presenza dei quali si opera. Inoltre, deve essere un leader che tolleri l'insuccesso. Il creativo infatti non ha sempre successo, su cento insuccessi ha un solo buon successo.
D.: Quindi nella progettazione di un gruppo creativo è importante la figura del leader?
R.: E' fondamentale. All'inizio degli studi sulla creatività pensavo che i gruppi creativi non avessero leader. Invece poi ho scoperto che hanno leader anche autoritari. Il leader deve avere carisma, vision, deve essere dotato di fascino, un fascino tale da spingere e incentivare le persone.
D.: Tra i manager ci sono dei creativi?
R.: Certo, soprattutto tra i manager molto giovani che non sono stati ancora inquinati dalle organizzazioni.
Inoltre, essendo raro trovare dei creativi, questo accade anche, naturalmente, tra i manager: ce ne sono pochi che hanno sia fantasia che concretezza. Nelle selezioni si preferisce prendere persone che hanno i piedi per terra. E anche quando vengono prese delle persone che hanno fantasia assai spesso non vengono messe a lavorare con persone dotate di concretezza. E in genere se c'è una persona fantasiosa in azienda viene repressa, perché considerata anomala e deviante rispetto alla razionalità assoluta in relazione alla quale si vuole conformare l'azienda. In linea di massima le aziende medie e grandi tendono ad ostacolare la creatività attraverso barriere quali la burocrazia e la ritualità.
Dott.ssa Elena Caraccio
Psicologa
www.psichehelp.com
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